Il fatto che di questi tempi, il mitico libro di Fenenna Bartolommei “Leggende Maremmane”, sia stato fatto oggetto da parte di giovanissimi lettori, di uno studio e di una rielaborazione, ci fa piacere.
Un duplice piacere: quello, come amici della scomparsa giornalista scrittrice, di rivedere questa sua amata creatura libraria, prendere nuova vita e quello, come antropologi culturali, di registrare un’operazione tesa a far nascere nelle nuove generazioni una più forte coscienza verso le tradizioni. Il rinascere di un interesse, del resto mai sopito, anche verso le “leggende maremmane”, nel nostro caso “quelle della Fenenna”.
Paolo Pisani
“La storia ci racconta il fatto, la tradizione, il costume; la leggenda vive una sua vita segreta e strana, ai margini dell’una e dell’altra, riuscendo talvolta ad apparire più vera della verità stessa poiché ci narra delle candide credenze di un popolo e quindi della sua storia. La facilità del mito è insito nella razza umana: nell’era prescientifica è servito all’uomo per spiegare a se stesso le misteriose forze della natura e la potenza sconosciuta dell’Io; è servito all’eroe come valido passaporto per l’immortalità, e serve forse all’uomo moderno che, a sua insaputa, si porta anch’egli nell’intimo, come polla nascosta, il gusto dell’irreale, a rivestire di tanto in tanto di sorprendente, e a velare appena di mistero, la banalità e la cruda franchezza della vita di oggi.
La storia è vera, la leggenda è verosimile ma, in definitiva, è soltanto questo che importa a chi va in cerca delle antiche, semplici e ferventi credenze di casa sua”.
Fenenna Bartolommei